13/02/2014
FEDERFARMA
Ministro Lorenzin:
entro la settimana il d.lgs con le misure anti-carenze dei farmaci
Dovrebbe entrare in vigore entro la settimana il decreto legislativo sulle contraffazioni con le misure del Governo per contrastare le carenze di farmaci nella filiera distributiva. Tra queste, un più stringente richiamo ai doveri di legge nei confronti dei distributori, che rischieranno di incorrere nel reato di interruzione di servizio pubblico laddove mancassero ai loro obblighi di fornitura verso le farmacie. Lo ha detto oggi alla Camera il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, in risposta all’interrogazione presentata da Gian Luigi Gigli (Per l’Italia) sul fenomeno delle carenze. Nel d.lgs anticontraffazione già esaminato con parere favorevole dalle Commissioni e dalla Conferenza delle Regioni, ha ricordato il Ministro, . si dà l’incarico all’Aifa «di redigere specifici elenchi di farmaci dei quali sarà limitata l'esportazione per periodi di tempo anche transitori». Inoltre, sono previsti meccanismi per la «tempestiva segnalazione» delle irreperibilità da parte di farmacie e Asl, nonché «dei nominativi dei grossisti che non adempiono all'obbligo di fornitura», il cui comportamento potrà anche «integrare la fattispecie di cui all’articolo 340 del Codice penale, ossia interruzione di servizio pubblico». Tali misure, ha concluso il Ministro, saranno varate con l'approvazione definitiva del decreto, in agenda nel Consiglio dei ministri di questa settimana.
Soddisfazione per l’imminente varo dei provvedimenti anticarenze da Federfarma: «Ringraziamo il Ministro di quanto sta facendo per contrastare le carenze» commenta la presidente del sindacato, Annarosa Racca «le irreperibilità sono un problema angosciante non solo per i cittadini ma anche per le farmacie, costrette spesso a lunghe ricerche tra fornitori per reperire il prodotto richiesto dal paziente. Ora però chiediamo un impegno forte anche alle Regioni: serve maggiore severità nel rilascio delle autorizzazioni a distribuire nei confronti di tutti i soggetti in realtà interessati soltanto a fare esportazione».
Da Gigli – il deputato che ha firmato l’interrogazione sulle carenze – è invece arrivata la richiesta che il ministro Lorenzin approfitti del prossimo semestre di presidenza Ue dell’Italia per trovare con gli altri stati membri un’intesa per assicurare ai farmaci un prezzo unico europeo, senza il quale il parallel trade continuerà a fiorire.
20 gennaio 2013
In Italia i farmaci costano meno rispetto al resto dell’Europa.
Uno studio dell’università Bocconi di Milano anche su fascia H e generici, rivela che i prezzi del farmaco rimborsato sono inferiori a quelli dei paesi vicini: in media, il 18% in meno nelle farmacie e l’8% in meno nel canale ospedaliero
I prezzi dei farmaci sono in Italia significativamente inferiori rispetto a quelli dei principali competitor europei: Germania, Francia, Inghilterra e Spagna. È quanto emerge da uno studio del Cergas Bocconi, curato da Claudio Iommi e Francesco Costa che ha messo a confronto i prezzi unitari delle prime 150 molecole in farmacia (60% del fatturato di classe A) e le prime 50 per l'ospedaliera (30% del mercato) al lordo di sconti e di contratti specifici di rimborso o di prezzo condizionati.
In Italia i prezzi nelle farmacie sono inferiori mediamente del 18% (con la Germania il gap arriva addirittura al 51%, con la Spagna si riduce a un sottilissimo 0,6% .
Per l’ospedale il dato è dell '8% in meno , con una media totale del 14,6% in meno sul mercato totale.
Secondo Claudio Iommi «la novità più significativa riguarda il posizionamento dei farmaci off-patent»: dallo studio, emerge, infatti, come in media in farmacia i prezzi dei senza brevetto costino fuori Italia in media il 16,5% in più, con il valore massimo del +28,7% in Francia". «Da una parte è l'effetto dell'applicazione sempre più estensiva del prezzo di riferimento, dall'altra delle revisione dei prezzi delle molecole off patent da parte dell'Aifa da un anno a questa parte, con il conseguente abbattimento dei prezzi» sottolinea l'esperto.
Le ricadute per Farmindustria : quello italiano è un mercato dove è sempre più difficile operare e mette a rischio «la sostenibilità delle imprese». «Lo studio conferma quanto diciamo da tempo» afferma Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria «In una situazione che tra prezzi più bassi, tempi d'accesso al mercato più lunghi e ritmi di rimborso delle forniture impossibili, sta creando seri problemi».
11 Gennaio 2013
Racca (Federfarma): “Basta liberalizzazioni”
Per la presidente di Federfarma nuove misure di liberalizzazione “porterebbero a un’ulteriore avanzata degli esercizi commerciali e delle Gdo e condurrebbero alla totale disgregazione del servizio farmaceutico territoriale e alla definitiva connotazione consumistica del farmaco".
11 GEN - Il 2012, per Federfarma, è stato un anno in trincea. Numerosi, infatti, gli interventi del Governo Monti che hanno trovato l’opposizione delle farmacie, con la proclamazione di uno stato di agitazione che è pressoché durato tutto l’anno. Anche per la bocciatura da parte del ministero della Salute e del ministero dell’Economia del nuovo sistema di remunerazione, che avrebbe invece dovuto rappresentare una boccata di ossigeno.
Al nuovo Governo la presidente di Federfarma, Annarosa Racca, chiede di dare stabilità normativa ed economica alle farmacie. Di portare a termine l’accordo per la nuova remunerazione e di avviare le trattative per la nuova convenzione. Ma soprattutto, di fermare le liberalizzazioni, a cominciare dall'uscita dei farmaci di Fascia C dalle farmacie, e di fermare l’avanzata degli esercizi commerciali e delle Gdo, che “condurrebbe alla totale disgregazione del servizio farmaceutico territoriale e alla definitiva connotazione consumistica del farmaco”. A tutto svantaggio non solo delle farmacie ma anche dei cittadini e del Paese.
Presidente Racca, nel corso del 2012 Federfarma ha manifestato più volte la propria contrarietà sugli interventi del Governo per le farmacie. Alla fine di un anno, qual è il suo bilancio sull’operato di Monti e dei suoi tecnici?
Non possiamo che confermare le nostre critiche sugli interventi riguardanti le farmacie, anzitutto in quanto bersaglio di una serie di manovre assolutamente non coordinate tra loro per deregolamentare il settore. Il risultato è che così facendo è stata messa a rischio la sostenibilità delle farmacie e con essa l’assistenza del servizio farmaceutico prestata ai cittadini.
Peraltro, nel 2012 è stato lanciato l’allarme, ma le vere conseguenze delle scelte di Monti si abbatteranno sul sistema nel corso del prossimo anno. Se è infatti vero che il delisting dei farmaci di fascia C è iniziato con il Decreto Salva Italia, sul finire del 2011, è altrettanto vero che la lista di medicinali che possono essere venduti anche fuori dalle farmacie è in periodico aggiornamento e dunque le farmacie sono destinate a perdere progressivamente un numero sempre più alto di prodotti medicinali venduti in esclusiva nei nostri esercizi. Questo con tutto quel che comporta, sia in termini di sicurezza dei cittadini, ma anche in termini di perdita economica per la farmacia. Che, ricordiamo, è sì un presidio sanitario del sistema sanitario, ma è anche un’impresa privata. Certamente il primo aspetto deve sempre prevalere sul secondo, perché la missione e il valore fondante della professione di farmacista è l’assistenza. Ma se le farmacie non sono in grado di sostenersi economicamente, è evidente che questo avrà anche ripercussioni sulle possibilità di assistenza ai cittadini.
Le medesime preoccupazioni sorgono con gli altri interventi contenuti nei diversi decreti governativi, dalla liberalizzazione degli orari agli sconti, dall’aumento di trattenuta dei margini a carico dei farmacisti al concorso straordinazione che porterà all’apertura di 4 mila nuove farmacie. Indubbiamente quest’ultima è un’opportunità importante per tanti farmacisti, ma non possiamo sottovalutare gli effetti che avrà sulle farmacie già esistenti, considerato che quello dei farmaci è un mercato che non cresce ma anzi, in termini di spesa farmaceutica territoriale registra un trend in continua diminuzione. Non c’è dubbio che l’aumento del numero di farmacie porterà a un’ulteriore contrazione dei volumi venduti da ogni singolo esercizio e quindi dei fatturati. Questo in un contesto già di crisi. Il rischio è costringere alcune farmacie alla chiusura.
L’obiettivo della Spending Review era quello di ottimizzare i servizi e colpire gli sprechi. Secondo molti, però, si è tradotto in puri, nuovi tagli. È d’accordo?
Direi proprio di sì. Più che tagliare dove fosse giusto tagliare, il Governo Monti sembra avere tagliato dove era più facile tagliare, come dimostrano gli interventi per ridurre la spesa farmaceutica nonostante il trend sia già in diminuzione e segni un 10% in meno rispetto a un anno prima.
Insomma, non credo si possa dire che sia stato raggiunto l’obiettivo di eliminare gli sprechi, mi sembra piuttosto che ci si sia limitati a ridurre le risorse alla sanità.
Le farmacie sono a diretto contatto con i cittadini, quelli più malati e quello meno malati. Che sentimenti percepite rispetto alla salute?
I cittadini sono preoccupati, c’è timore per il futuro ma il disagio economico è una realtà già per molti. Di conseguenza, c’è sempre minore attenzione alla cura di se stessi, perché si cerca di risparmiare su tutto, anche sulla propria salute. Il tentativo di ridurre le spese è evidente anche negli acquisti in farmacia. Proprio per questo, però, il nostro ruolo diventa ancora più importante, sia come primo presidio di salute della popolazione più fragile, sia per intercettare le situazioni più difficili che necessitano di un immediato intervento.
Per far questo, però, bisogna investire sulla farmacia?
Mi auguro che il prossimo Governo abbia davvero una visione della farmacia quale risorsa indispensabile per i cittadini, realizzando le condizioni che permettano al farmacista di essere indipendente dalle logiche prettamente commerciali valorizzando, piuttosto, la missione assistenziale della professione.
Uno dei passaggi positivi dello scorso anno sembra essere rappresentato dall’accordo sul nuovo sistema di remunerazione, però poi bocciato dal ministero della Salute e dal ministero dell’Economia…
Fu proprio durante i lavori per la Spending Review che il Parlamento si rese finalmente conto delle difficoltà delle farmacie, prevedendo che si arrivasse a un accordo per una nuova remunerazione della filiera di dispensazione del farmaco. Come è noto, quell’accordo è stato raggiunto il 16 ottobre 2012 all’Aifa, ma poi bloccato dal ministero della Salute e dal ministero dell’Economia nonostante rispondesse a tutti i requisiti previsti dalla legge e fosse davvero importante per la sostenibilità delle farmacie.
Questo nuovo sistema sarebbe dovuto entrare in vigore il 1° gennaio 2013 ma la legge di Stabilità ne ha prorogato l’entrata in vigore al prossimo giugno. Speriamo quindi che questi mesi possano servire a risolvere tutti i problemi e a portare a termine l’iter di un accordo di cui continuiamo a difendere la validità perché, ribadisco, l’accordo del 16 ottobre rispondeva a tutti i requisiti richiesti dalla legge, rispondeva ai bisogni delle farmacie e non faceva altro che adeguare la realtà italiana a quella degli altri Paesi europei, dove già da tempo la remunerazione della farmacia prevede una quota fissa e una quota percentuale.
Ci auguriamo di arrivare presto a una soluzione che sia basata su una visione della farmacia quale protagonista del Ssn e porti in farmacia anche quei farmaci, come gli innovativi, che oggi sono dispensati attraverso altri canali. Un sistema più conveniente per le farmacie, ma anche per i cittadini e per lo Stato, perché numerosi studi dimostrano come la dispensazione di questi farmaci attraverso le farmacie territoriali possa produrre importanti risparmi.
Con le imminenti elezioni, potrebbero cambiare i vostri interlocutori e potreste quindi trovare minore contrapposizione all’accordo del 16 ottobre?
Non è detto. Il Governo tecnico potrebbe anche decidere di portare a termine questo lavoro in questo ultimo periodo di Legislatura.
Il nuovo sistema di remunerazione è dunque uno degli auspici di Federfarma per il 2013. Altri?
Il rinnovo della convenzione per creare nuove opportunità di lavoro e dare reale attuazione della farmacia dei servizi. Soprattutto, vorrei che fosse garantito all’intero settore farmaceutico un periodo di stabilità, sia dal punto di vista normativo che economico, così che i farmacisti sia data l’opportunità di programmare gli investimenti e la propria attività per migliorare ulteriormente i servizi e la qualità dell’assistenza prestata ai cittadini.
Quali sono, invece, i timori?
Il timore più grande è quello di nuove misure di liberalizzazione, come quella dei farmaci di fascia C. Questo porterebbe a un’ulteriore avanzata degli esercizi commerciali e delle Gdo, condurrebbe alla totale disgregazione del servizio farmaceutico territoriale e alla definitiva connotazione consumistica del farmaco. Cosa che vogliamo assolutamente evitare.
22 Novembre
Campania, farmacie esasperate: nulla di fatto rimborsi 2010
Si profila la minaccia della serrata nello sterile confronto tra Campania e Federfarma sul saldo degli arretrati 2010. A grandi cifre si parla di circa 200 milioni di euro, dei quali la fetta più grossa spetta ai titolari di Napoli e Salerno mentre in resto è dei farmacisti di Caserta. L'ultima proposta del commissario regionale per la Sanità Coppola, avanzata in un incontro risalente alla settimana scorsa, limita il pagamento ai soli crediti "azionati" (cioè certificati con procedimenti giudiziari) maggiorati di un 2% a titolo risarcitorio e senza interessi. Secco il no di Federfarma: «Sarebbe un danno inaccettabile per le farmacie che finora non hanno avviato azioni legali per le più svariate ragioni» spiega Nicola Stabile, presidente del sindacato regionale. Nuovo round lunedì prossimo, ma tra i farmacisti si respira un evidente pessimismo. Anche perché la via delle farmacie campane è lastricata di promesse non mantenute: «Avevano giustificato il blocco dei pignoramenti per il 2010» ricorda amareggiato Stabile «con la necessità di garantire alla Regione le risorse per pagare la spesa corrente. E invece in province come Napoli il 2011 vede gli stessi ritardi dell'anno scorso». Di qui la possibilità che, in caso di un altro nulla di fatto la prossima settimana, le farmacie campane facciano scattare la protesta. «Ne sto parlando con alcuni presidenti provinciali» conclude Stabile «potremmo far scattare una serrata ma è ovvio che a decidere dovranno essere le assemblee».
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17 Novembre 2011
Sanità privata, SOS alla Regione
"350milioni di crediti, chiudiamo"
Centinaia di milioni di crediti non corrisposti dalla Regione,
il rischio chiusura sempre piu vicino, lo spettro
dell'interesse dei clan. Le aziende della sanità privata
chiedono di dichiarare lo stato di fallimento del settore.
L'allarme arriva dal tavolo convocato all'Unione industriali
da Giovanni Severino, presidente della sezione
sanità di Palazzo Partanna, al quale sono stati invitati i
rappresentanti delle imprese della sanità privata (Federlab
Campania, Snr, Aiop Campania, Federfarma Napoli,
Anisap Campania, Centri antidiabetici) e i sindacati
(Fp Cgil, Ugi san ita, Fp Cisl, Fpl Uil). «Siarno in attesa
di ricevere 350 milioni dalla Regione - spiega Michele Di
Iorio, presidente Federfarma Napoli - Che fare? Certificare
il fallimento del settore? La camorra aspetta solo
questo. Le istituzioni con questa atteggiamento rischiano
di favorire la criminalità orqanizzata», «Il sistema sanità
sta fallendo, eevidente - attacca Vincenzo Schiavone,
presidente raqqruppamento sanita Confindustria
Campania - dichiariamo fallimento con la Regione».
da LA REPUBBLICA NAPOLI
Napoli, farmacie a rischio fallimento per mancati pagamenti
Farmacie di Napoli a rischio fallimento, a causa dei mancati pagamenti dalla Regione, che ormai ammontano a dieci mensilità. La denuncia è di Michele Di Iorio (foto), presidente di Federfarma Napoli, che stima a «800 le farmacie nella provincia di Napoli in attesa degli arretrati». Farmacie, ricorda Iorio, che garantiscono seimila i posti di lavoro. «anche se i livelli occupazionali si assottigliano sempre di più, perché di certo non possiamo prendere altro personale». Intanto settimana scorsa c'è stato un incontro tra Federfarma provinciale e il capo di gabinetto del governatore Caldoro, Danilo Del Gaizo, che avrebbe promesso, entro il 30 giugno, un decreto commissariale per il primo trimestre 2011, con l'intenzione poi di procedere alla corresponsione della quota mancante del 2010. In discussione anche un accordo per il pagamento del trimestre che va fino all'agosto dell'anno scorso: secondo Di Iorio, «un piccolo passo in avanti, più umano che sindacale. Vorrei ricordare alla Regione che può scrivere tutti i decreti e i provvedimenti che vuole, ma noi i fornitori li paghiamo con i soldi, non con le carte»
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Batterio Escherichia Coli, nessun caso di infezione nel nostro Paese.
Lavare verdura e frutta cruda prima di consumarla.
“La situazione è sotto controllo, non deve generare allarmismi e non deve modificare le nostre abitudini alimentari, a cominciare dal consumo di verdura e frutta cruda dopo averla lavata – ha dichiarato il Ministro della Salute professor Ferruccio Fazio a proposito dell’infezione di Escherichia coli - Abbiamo allertato le Regioni, le strutture sanitarie e gli uffici sanitari alle frontiere, responsabili dei controlli sulle importazioni alimentari. Nei giorni scorsi, quando le autorità sanitarie tedesche avevano comunicato che i responsabili della diffusione del batterio potessero essere i cetrioli, ne avevamo sequestrate diverse partite, per un totale di 16 quintali, prontamente dissequestrate quando tutte le analisi hanno dato risultati negativi. Abbiamo un efficiente sistema di sorveglianza sindromica, in grado di segnalare e curare tempestivamente eventuali casi. Sinora non è giunta alcuna segnalazione di infezione da parte di questo ceppo di batterio E.coli, né nella popolazione italiana residente, né in turisti provenienti dalla Germania. Poiché la quasi totalità dei casi di infezione è circoscritta alla zona di Amburgo, consiglio solo ai cittadini italiani che debbono proprio recarsi nel Nord della Germania di non consumare in loco verdura e frutta crude e di non bere acqua di rubinetto, finché la causa dell’epidemia non sarà stata accertata. Queste particolari precauzioni non sono necessarie per la popolazione italiana, per la quale sono sufficienti le normali norme igieniche già ampiamente pubblicizzate: lavare le mani, la frutta e la verdura prima di mangiarla. Lunedì prossimo affronteremo il caso nel vertice dei Ministri della Salute europei già previsto a Lussemburgo e mercoledì terremo una riunione con gli assessori regionali alla Sanità”.
Il batterio
L’Istituto Superiore di Sanità, sede del Laboratorio Europeo di Riferimento per l’Escherichia coli in campo veterinario, su richiesta della Direzione Generale di Sanità Pubblica della Commissione Europea (DG Sanco) è pienamente coinvolto nelle indagini sull’epidemia. In particolare, è stato rapidamente messo a punto un metodo specifico per la ricerca del ceppo epidemico VTEC O104:H4 negli alimenti, metodo distribuito ai Laboratori Nazionali di Riferimento degli Stati Membri e, a livello nazionale, agli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, che in Italia svolgono la maggior parte dei controlli ufficiali sugli alimenti.
Il laboratorio dell’ISS, insieme al Laboratorio di Riferimento Europeo per il settore medico a Copenaghen, ha anche analizzato i caratteri di patogenicità del batterio responsabile del focolaio epidemico in Germania, stabilendo che si tratta di una variante rispetto a quelli classici associati alla SEU (Sindrome Emolitico Uremica) soprattutto nei bambini.
“Le analisi condotte consentono di definire meglio la natura di questo ceppo - spiega Alfredo Caprioli, Direttore del Laboratorio Europeo di Riferimento - che non può essere considerato un “mutante”, ossia un batterio con un gene modificato, ma piuttosto un ceppo originato dall’acquisizione di nuovi geni per meccanismi di ricombinazione naturale frequenti tra i batteri”.
In relazione al ceppo analizzato, il Presidente dell’ISS Enrico Garaci ha precisato: “Il fatto che il ceppo epidemico sia resistente a molti antibiotici non costituisce un fattore di rischio: per questa particolare infezione, infatti, la terapia antibiotica non è consigliata e, anzi, può risultare controproducente, causando un aumento del rilascio della tossina nel lume intestinale da parte dei batteri uccisi dall'antibiotico, con conseguente aumento della concentrazione di tossina nel sangue e aumento del danno renale”.
Il Ministero della Salute informa infine che è stata segnalata la presenza di un batterio di E.coli produttore di tossine su un salame di cervo prodotto in Italia, sul quale si sta procedendo ad effettuare le necessarie indagini: qualsiasi correlazione con l’epidemia nella zona di Amburgo è comunque altamente improbabile sia per la tipologia del prodotto, sia per la zona di provenienza.
Norme di prevenzione
Non è giustificato l’allarmismo verso il consumo in Italia di ortaggi crudi, visto anche che le indagini di laboratorio non hanno supportato l’ipotesi dei vegetali contaminati quale fonte di infezione.
Le consuete norme igieniche per la sicurezza alimentare sono sufficienti a evitare infezioni: lavarsi frequentemente le mani dopo aver maneggiato alimenti, lavare a fondo le verdure, evitare il consumo di carne cruda, lavare bene coltelli, taglieri e altri utensili usati per la preparazione dei cibi, evitare di utilizzare senza lavare lo stesso tagliere e/o utensile per più alimenti e lavare bene le mani prima di manipolare i cibi e dopo aver usato la toilette.
Le persone che hanno recentemente soggiornato in Germania devono prestare attenzione alla comparsa di sintomi gastroenterici e nel caso di diarrea emorragica rivolgersi al proprio medico.
fonte: comunicato stampa n 132 - 3 giugno 2011
Data pubblicazione: 03 giugno 2011
Sanita', conti in rosso
Asl, quaranta milioni (solo) di affitti
Cifre enormi che incidono in modo pesante sui bilanci
Il record della Asl Napoli 3 Sud: cinquanta locali
NAPOLI - Sono quaranta milioni di euro (39.598.774,74 euro) divisi per 323 contratti di locazione. Soldi che le Asl campane devono pagare ogni anno solo per gli affitti. Si tratta di una cifra shock che incide in modo pesante sul bilancio di ciascuna azienda sanitaria. Il dato più eclatante sono i 20 milioni di euro che spende la sola Asl Napoli 3 Sud che per svolgere tutte le sue attività ha bisogno di pagare 50 affitti sparsi su tutto il territorio di competenza. A seguire ci sono i 6.451.571,62 dell’Asl Napoli 1 Centro con 49 fitti, l’Asl di Caserta, 3.306.564,96 di euro per 54 fitti e l’Asl Napoli 2 Nord, 3.290.846,12 euro per 60 fitti. Superano i due milioni di euro l’Asl di Benevento e quella di Salerno mentre Avellino spende “solo” 839.599,68 euro.
SCREENING DELLA COMMISSIONE REGIONALE - Infine nell’elenco, ancora parziale, ci sono i 493.260,50 euro dell’Azienda Universitaria Sun e poco più di 100 mila euro spesi dal Monaldi di Napoli. Va considerato che queste prime cifre emerse dallo screening che sta conducendo la Commissione Trasparenza del Consiglio regionale presieduta da Nicola Caputo si riferiscono a fitti passivi stipulati dalle varie aziende sanitarie sul territorio per poter svolgere la loro attività. Gli immobili presi in fitto dalle Asl servono per sopperire alla mancanza di ambulatori, consultori o per l’amministrazione. Secondo quanto è emerso, la cifra è già da considerarsi una quota consistente del bilancio di ciascuna Asl.
RIDISCUTERE I CONTRATTI - Per porre rimedio a questa situazione si pensa di utilizzare il patrimonio immobiliare regionale o ridiscutere i contratti che spesso sono stipulati a condizioni fuori mercato. Intanto i dati, dalla prossima settimana, saranno sottoposti all’attenzione del Commissario regionale e dei commissari delle Asl per trovare una soluzione allo sperpero ingiustificato di risorse pubbliche rappresentata dagli affitti delle Asl.
Rocco Sessa
31 marzo 2011
DireFareCuore, la settimana di prevenzione cardiovascolare a Napoli dal 21 al 26 febbraio
A Napoli dal 21 al 26 Febbraio si terrà la Campagna di Prevenzione
“DireFareCuore” per informare e sensibilizzare i cittadini sui rischi delle patologie
cardiovascolari e sull’importanza della prevenzione.
La settimana culminerà con la Giornata di Prevenzione Cardiovascolare, sabato
26 Febbraio: in quest’occasione, nella Galleria Umberto I, dalle 10 alle 18, medici e
farmacisti volontari misureranno gratuitamente ai cittadini i principali parametri da
tenere sotto controllo, offrendo consigli utili sul corretto stile di vita, al fine di
prevenire le principali patologie cardiovascolari come ictus, infarto e insufficienza
cardiaca.
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BUONGIORNO CAMPANIA 09/12/2010
FARMACIE
NON PIÙ IN GRADO
DI EROGARE
MEDICINALI
Tra qualche giorno il ritardo nei pagamenti da parte della Regione e delle Asl nei confronti dei farmacisti napoletani arriverà a dieci mesi, per un ammontare di circa 800 milioni di euro (400 per la sola provincia di Napoli). Si tratta di una situazione insostenibile che ha portato Federfarma a proclamare lo stato di agitazione. I titolari delle farmacie sul territorio delle Asl Napoli 1, 2 e 3 hanno attuato lo scorso settembre l’assistenza indiretta sospendendo lo «sciopero» dopo la notizia che il governo aveva sbloccato, inviandolo in Regione, il fondo di perequazione pari a oltre un miliardo di euro. Le richieste e la situazione finanziaria in cui versano i farmacisti napoletani, già formulate al presidente della Regione, Stefano Caldoro, Federfarma Napoli le ha girate anche al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, al quale sono state illustrate in una nota le preoccupazioni per il futuro di ottocento farmacie. Di fronte alla convocazione da parte della Regione per domani sera i farmacisti hanno deciso di non partecipare alla serrata. Un’apertura di credito che non modifica un quadro che resta a tinte fosche. «Abbiamo fatto trenta giorni di indiretta e dalla Regione non abbiamo avuto nessuna risposta concreta - afferma Michele Di Iorio, presidente di Federfarma Napoli -. Da allora il problema non è stato risolto. Abbiamo fornito i mesi di ottobre e novembre pur in costanza di mancati pagamenti per il 2010 e di mancata programmazione per il 2011. Le farmacie sono strette tra gli istituti di credito e i fornitori che chiedono di avere ciò che legittimamente spetta loro e la Regione che non dà un minimo di risposta». La situazione è grave al punto tale che le farmacie rischiano di non potersi più approvvigionare. «È una situazione veramente difficile perchè ormai le aziende che noi rappresentiamo non sono più in grado di erogare i medicinali», spiega Antonello Mirone di Federfarma servizi, l’associazione che raggruppa le associazioni di istituzione intermedia di proprietà dei farmacisti. Fanno sentire la loro voce anche i centri per la dialisi che vantano crediti per 170 milioni. Queste strutture domani e venerdì saranno regolarmente aperte solo perchè la dialisi rientra tra le terapia «salvavita». Tuttavia i centri condividono in pieno la piattaforma. «Da un lato ci sono le imprese della sanità privata, dall’altro le banche che esigono la restituzione di crediti concessi in passato con l’aggiunta degli interessi. In mezzo ci sono cose di importanza magistrale: la salute dei cittadini e i posti di lavoro», scrivono in una nota i centri dialisi che chiedono alla Regione il rispetto degli impegni. «Il rischio - aggiungono - è di ritrovarsi Equitalia alla porta per ritardi nell’onorare i debiti assunti a fronte di attività svolte e non ancora retribuite». In questa guerra si alza forte il grido di allarme dei familiari di disabili. «Fermare la riabilitazione - sostiene la onlus Giffas di Bagnoli - è un sacrilegio. I disabili hanno bisogno di terapie continuative che non possono essere interrotte». Intanto il Tar ha considerato fondato il ricorso proposto dal Comune di Nola contro il decreto dell’ex governatore e commissario alla sanità Bassolino che prevedeva una quota di compartecipazione a carico degli Ambiti, da versare alle Asl di competenza, per la determinazione delle tariffe per le prestazioni erogate dalle residenze sanitarie assistenziali e dai centri diurni. «Si va - commenta Ermanno Russo, assessore alle Politiche sociali - nella direzione auspicata dal tavolo sulle politiche socio-sanitarie attivato con sindacati e Confindustria». La serrata dei centri privati non lascia indifferente la Regione che arriva al tavolo tecnico di domani sera con le associazioni di categoria con la consapevolezza di chi sa che occorre, da un lato dare risposte a imprenditori che hanno difficoltà a pagare i propri dipendenti e, da un altro, trovare soluzioni in linea con i (pochi) fondi disponibili. Giuseppe Zuccatelli, sub-commissario alla sanità, sa che il percorso è stretto. Settori della sanità privata sostengono che vi siano contrasti tra la struttura commissariale e lo staff del presidente Caldoro sulle modalità di pagamento. Conferma le divisioni? «Assolutamente no. Stiamo studiando tre diverse soluzioni che saranno valutate contemporaneamente». L’indebitamento verso i privati che cifra ha raggiunto? «Secondo gli ultimi dati, 3 miliardi e mezzo». Una cifra da capogrio. «L’intero sistema sanitario è afflitto da una grave sofferenza. Il debito strutturale, per quanto sia calato passando dal miliardo e 850 milioni del 2005 ai 750 milioni del 2009, resta forte. Inoltre, rispetto al 2007, al 2008 e al 2009 è stato eliminato anche il cosiddetto ”fondino” di 250 milioni. Infine sono ancora bloccati i 500 milioni dei fondi Fas». Però tra qualche giorno arriverà il miliardo liberato dal governo. «È importante ma intanto si tratta di un miliardo sui cinque che avanziamo. Fra l’altro, poichè sino a ora si è ricorso alle anticipazioni di cassa regionale per pagare gli stipendi, quei soldi vanno restituiti. Gli anticipi, per l’esattezza, ammontano a circa un miliardo e 800 milioni». Insomma quel miliardo c’è ma non c’è. E domani cosa dirà ai privati? «Siamo consapevoli che i privati sono in sofferenza e che a loro volta hanno difficoltà di cassa. Tuttavia, ed è bene precisarlo, vi sono alcuni passaggi dai quali non è possibile prescindere». Quali? «I fornitori hanno attivato tutti i meccanismi che la legge consente di attivare. Ma tra di loro ci sono stati pure comportamenti scorretti. Dobbiamo distinguere gli uni dagli altri. Nei confronti dei corretti abbiamo il dovere di trovare una soluzione. C’è poi l’esigenza di mettere ordine nelle procedure. Solo la Asl Napoli 1 ha circa 500 milioni di fatture contabili non sistemate. Nella confusione c’è il rischio che la stessa fattura venga liquidata due volte. Se è giustamente depecrabile la disorganizzazione della Asl è deprecabile oltre che illegittimo il comportamento di chi prende due volte i soldi senza dirlo». Le tre diverse modalità di pagamento quali sono? «O si paga cash, soluzione oggi non ipotizzabile, o si individuano alternative. Una di queste è il ricorso al credito bancario: è vero che provoca un indebitamento ma è un indebitamento che può essere governato rispetto a quello provocato dalla gran mole di contenziosi. Un’altra strada è di prevedere un provvedimento, già proposto a Caldoro, per attivare le modalità organizzative che consentano di liquidare a scadenze certe una volta certificato il quantum». «Ci prendono per calciatori pronti a scioperare per capriccio. Intanto siamo pieni di debiti». Il grido d'allarme arriva da quasi tutti i farmacisti di Napoli e Provincia. Sono 780, sparsi per i territori delle tre Asl di riferimento, e in maggior parte non ricevono soldi dalla Regione da oltre 9 mesi. Per ora non chiudono, ma in molte zone disagiate, dalla periferia cittadina all'Hinterland, ci sono pochi ricavi "extra", per capirsi quelli che non derivano dalle ricette, e la mancata riscossione dei crediti si sta riflettendo pericolosamente nel rapporto tra i farmacisti e le banche e i fornitori, con questi ultimi che a loro volta non intendono aspettare altro tempo per incassare il dovuto. Ogni farmacia partenopea ha in media tre dipendenti, ora messi a rischio dall'assenza di fondi. Ma gli stessi titolari non si dicono tranquilli. «In questo momento abbiamo poche risorse proprie, e le banche ci hanno tolto i finanziamenti - racconta Riccardo Iorio, titolare di una farmacia nel quartiere di Scampia - Il gioco sta diventando perverso e pericoloso. Ogni mese emettiamo la fattura per i servizi resi alla sanità pubblica, ma sono quasi dieci mesi che non ci vengono liquidate. Intanto sa cosa succede? Che chiediamo l'anticipazione di queste fatture a Banche e finanziarie, ma ogni tre mesi ci vengono caricati gli interessi. E dopo averli pagati, il nostro guadagno arriva ad avvicinarsi allo zero». Quello dei farmacisti viene visto, anche a ragione, come il mondo degli operatori sanitari più agiati, in quanto beneficiari di fondi pubblici, ma anche di ricavi dai privati, che acquistano farmaci e parafarmaci non sottoposti a ricetta. In questi giorni però l'immagine risulta modificata, e in peggio: «In tanti ci vedono come calciatori milionari che poi si lamentano e vogliono scioperare - dice ancora Iorio - ma qui veramente si rischia di non andare avanti - Ci sono situazioni varie, ma nel mio caso in un quartiere come Scampia è difficile pensare a ricavi significativi al di fuori delle ricette, c'è tanta gente con problemi economici. Noi restiamo operativi, ma non so per quanto. Negli ultimi tre anni ho anche ridotto il numero di dipendenti. Quelli che ci sono ora sono come fratelli, andranno via solo se fallirò anche io». Storie come questa si ripetono nell'area della Napoli 2 nord, nel Giuglianese, così come nel territorio della Napoli 3 sud. Alcuni piccoli Comuni, da Tufino ad Anacapri, da Visciano a Massa Lubrense, hanno un farmacista unico in zona ed anche le Amministrazioni sono allarmate dalla situazione finanziaria degli esercizi. Il credito di tutta Napoli e Provincia con la Regione sfiora infatti i 400 milioni di euro. Ben divisi tra tutti: «Ormai ogni giorno dobbiamo attrezzarci per trovare una banca che ci finanzi - spiega Pino De Simone, che ha la sua farmacia a Sorrento - Gli interessi sono sempre più considerevoli e di questo passo rischiamo di caricarci di costi impropri e di non poter più fronteggiare i nostri fornitori, che giustamente reclamano il pagamento dei prodotti. Se non arrivano i fondi che ci spettano rimarremo con i negozi vuoti». I fornitori aspettano per il pagamento dei medicinali fino a 150 giorni, cinque mesi. Evidente il gap con il ritardo della Regione nel pagare i farmacisti, che è quasi il doppio. «Il risultato è che i nostri lavoratori e i cittadini vanno in difficoltà. Davvero non si può»
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